Marcello Marcellini, Un odio inestinguibile. Primavera 1944: partigiani e fascisti fra Umbria e Lazio (Mursia, 2010) con Giuseppe Parlato

Giovedì 10 marzo 2011, nell’ambito degli incontri “Un libro, un autore, tra storia e attualità“, è stato presentato il libro di Marcello Marcellini, Un odio inestinguibile. Primavera 1944: partigiani e fascisti fra Umbria e Lazio (Mursia, 2010).

L’incontro è stato introdotto da Giuseppe Parlato.

 

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Marco Gervasoni, Storia d’Italia degli anni Ottanta. Quando eravamo moderni (Marsilio, 2010) con Danilo Breschi

Giovedì 24 febbraio 2011, nell’ambito degli incontri “Un libro, un autore, tra storia e attualità“, è stato presentato il libro di Marco Gervasoni, Storia d’Italia degli anni Ottanta. Quando eravamo moderni (Marsilio, 2010).

L’incontro è stato introdotto da Danilo Breschi.

Nel presentare il volume, Gervasoni ha spiegato di essersi soffermato sulle trasformazioni registrate dalla società e dalla cultura italiana negli anni Ottanta, nel tentativo di offrire una lettura di questo decennio diversa da quella esclusivamente negativa predominante tra gli storici e l’opinione pubblica.

Gli anni Ottanta hanno infatti rappresentato per l’Italia il definitivo ingresso nella società dei consumi, soprattutto grazie al ruolo della televisione. Ciò ha portato all’affermazione di un modello di vita sempre più individualistica, presto entrato in rotta di collisione con quella visione “organicista” della società che era stata predominate fino agli anni Settanta e che era ancora sostenuta dai partiti politici tradizionali, soprattutto Pci e Dc. Un atteggiamento diverso nei confronti di questi cambiamenti culturali ebbe invece il Psi di Craxi, che tentò di cogliere lo spirito degli anni Ottanta, tuttavia senza riuscire a stare al passo con i cambiamenti della società.

 

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Valentine Lomellini, L’appuntamento mancato. La sinistra italiana e il dissenso nei regimi comunisti (1968-1989), Le Monnier, 2010 con Giuseppe Parlato

Giovedì 10 febbraio 2011 è stato presentato il volume di Valentine Lomellini, L’appuntamento mancato. La sinistra italiana e il dissenso nei regimi comunisti (1968-1989), (Le Monnier, 2010).

Ha introdotto l’incontro Giuseppe Parlato, che ha sottolineato come il volume colmi una lacuna nella storiografia sulla reazione dei partiti politici di sinistra (Pci e Psi) nei confronti del dissenso all’interno del blocco sovietico.

Prendendo la parola, Valentine Lomellini ha spiegato che il tema del dissenso consente di svelare una serie di nodi cruciali della storia italiana, tra cui i rapporti all’interno della sinistra italiana ed in particolare il tentativo reciproco da parte del Pci e del Psi di egemonizzare l’altra parte; i rapporti tra il Pci prima di Longo e poi di Berlinguer con Mosca; infine la strategia del Psi in seno al partito operaio e quindi l’evoluzione della sua politica nel corso dei decenni.

La tesi di partenza del volume è che nonostante la critica nei confronti della repressione sovietica della primavera di Praga, nei mesi e negli anni successivi il Pci confermò sempre il suo allineamento a Mosca. Ciò fu determinato principalmente da una ragione identitaria, perché nonostante la formulazione di una “via italiana” al comunismo, il Pci era comunque legato alla rivoluzione d’ottobre. L’esigenza di riaffermare questa identità era tanto più forte in quanto da una parte l’elettorato italiano segnalava uno spostamento a destra, mentre dall’altra nasceva una sinistra extra-parlamentare che poneva nuove sfide al Pci. L’allineamento a Mosca fu confermato fino alla fine dell’esperienza sovietica, pur nella speranza di una riformabilità del socialismo reale.

Passando al Psi, l’Autrice ha evidenziato un interesse del partito al tema del dissenso già prima della segreteria Craxi, pur presentando diversi orientamenti. Da una parte, la corrente vicina a De Martino non intendeva enfatizzare il dissenso per non entrare in conflitto con il Pci. Dall’altra, la corrente cui appartenevano sia Nenni che il giovane Craxi, tendeva invece a utilizzare il dissenso proprio come argomento per contrastare l’egemonia del Pci sulla sinistra italiana.

 

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Domenico Fisichella, Il miracolo del Risorgimento. La formazione dell’Italia unita (Carocci, 2010) con Franco Tamassia

Martedì 14 dicembre 2010, nell’ambito degli incontri “Un libro, un autore, tra storia e attualità“, si è tenuta la presentazione del libro di Domenico Fisichella, Il miracolo del Risorgimento. La formazione dell’Italia unita (Carocci, 2010).

L’incontro è stato introdotto da Franco Tamassia che ha sottolineato come il libro segua nel corso dei secoli il lento cammino che ha portato alla formazione di una coscienza nazionale nelle popolazioni che abitano la penisola italica, inquadrando il percorso in una dialettica europea, che ha condotto alla formazione dei rispettivi Stati nazionali.

Prendendo la parola, Fisichella ha ricostruito questo processo, ricordando come dopo la caduta dell’impero romano si sia affermato in Italia un sistema feudale centrato sul ruolo del comune. A differenza di altre realtà, in Italia per molti secoli non vi sono state le condizioni favorevoli ad un processo di aggregazione intorno ad una dinastia capace di creare uno Stato nazionale.

Secondo Fisichella, le motivazioni sono da ricondurre innanzitutto al fatto che le signorie italiane erano controllate da oligarchie mercantili incapaci di trasformarsi in oligarchie politiche e quindi di perseguire un progetto di unificazione della penisola. Il secondo elemento ricordato da Fisichella è rappresentato dalla presenza della Chiesa cattolica, che a causa della sua visione universalistica non aveva interesse all’unificazione dell’Italia.

In questo contesto, la rivoluzione francese rappresentò un elemento di discontinuità nella storia d’Europa esportando anche in Italia la sua idea di nazione. Ma fu solo con la Restaurazione che si affermarono i tre principi che resero possibile la creazione dello Stato italiano: il principio di nazionalità, la riaffermazione del principio di equilibrio tra potenze europee ed il principio di legittimità, che escludeva la possibilità di giungere all’unificazione nazionale attraverso una rivoluzione. Rispettando questi tre principi, il Regno di Sardegna – unica entità statuale italiana non subordinata ad una potenza straniera, fatta eccezione per il Regno pontificio – riuscì ad unificare la penisola.

 

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Giordano Bruno Guerri, Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio 1860-70 (Mondadori 2010) con Giuseppe Parlato

Giovedì 2 dicembre 2010, nell’ambito dei volumi che hanno per oggetto il 150° della creazione dello Stato italiano è stato presentato il libro di Giordano Bruno Guerri, Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio 1860-70, (Mondadori, 2010).

L’incontro è stato introdotto da Giuseppe Parlato che ha evidenziato come la celebrazione della creazione dello Stato italiano dovrebbe rappresentare l’occasione per superare le fratture che hanno segnato la storia del nostro Paese, senza escluderne alcuni protagonisti. Tra questi protagonisti esclusi vi sono i briganti, cui è dedicato il libro di Giordano Bruno Guerri.

L’Autore ha dunque ricordato come il brigantaggio esiste sottoforma di banditismo già dal XVI secolo, ma dopo la creazione dello Stato italiano presenti connotati diversi. Dopo il 1861 le popolazioni dell’Italia meridionale avvertirono infatti l’unificazione con il Regno di Sardegna come un processo di annessione. Le motivazioni furono molteplici. Innanzitutto l’arrivo di Garibaldi fu accompagnato dalla promessa di spezzare il latifondo e dare le terre ai contadini, ma la promessa fu presto disattesa, suscitando il malcontento dei contadini.

Inoltre, l’unificazione con il Regno di Sardegna fu accompagnata da un forte aumento delle tasse e da una leva militare molto dura (sei anni). Per queste ragioni scoppiò quella che Guerri definisce una “guerra civile”, a causa dell’alto numero di morti registrati da entrambe le parti (l’esercito italiano ebbe 8.000 caduti, più di quelli riportati in tutte e tre le guerre di indipendenza, mentre i morti del sud, non calcolabili, potrebbero essere stimati sulle 100.000 unità).

 

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Tomas Carini, Niccolò Giani e la Scuola di Mistica Fascista (Mursia, 2009) con Giuseppe Parlato

Venerdì 26 novembre 2010 è stato presentato il libro di Tomas Carini, Niccolò Giani e la Scuola di Mistica Fascista 1930-1943, (Mursia, 2009).

Nell’introdurre l’incontro, Giuseppe Parlato ha sottolineato due problemi legati alla figura di Giani ed alla mistica che hanno portato la storiografia ad ignorare questo argomento. Il primo è rappresentato dall’ambiguità della scuola di mistica nei confronti della “religionizzazione” del fascismo, dal momento che i suoi componenti si dichiaravano fedeli alla religione cattolica, entrando dunque in conflitto con la visione dello Stato etico gentiliano. Il secondo è legato alla definizione di “razzismo spiritualista”, che è impossibile distinguere dal razzismo biologico nel momento in cui i mistici promuovevano un discorso antisemita.

L’Autore ha poi analizzato il profilo di Giani, ripercorrendone le principali tappe biografiche ed approfondendo la funzione della scuola di mistica fascista, fondata dallo stesso Giani nel 1930 e da lui diretta per gran parte di tutto il decennio seguente. Carini ha dunque spiegato gli insuccessi dei mistici nel tentativo di armonizzare l’elemento cattolico con la costruzione di uno Stato etico fascista e le suggestioni culturali europee recepite e rielaborate dalla loro scuola.

 

 

Raimondo Cubeddu, Tra le righe. Leo Strauss su Cristianesimo e Liberalismo (Marco Editore, 2010) con Danilo Breschi

Giovedì 21 ottobre 2010, nell’ambito degli incontri “Un libro, un autore, tra storia e attualità“, si è tenuta la presentazione del libro di Raimondo Cubeddu, Tra le righe. Leo Strauss su Cristianesimo e Liberalismo (Marco Editore 2010) con Danilo Breschi.

L’incontro è stato introdotto da Danilo Breschi, che ha ricordato come negli ultimi anni la figura di Leo Strauss sia stata oggetto di analisi esclusivamente in riferimento al suo influsso sulla nascita della dottrina neoconservatrice statunitense. Raimondo Cubeddu, che ha dedicato il primo studio a Strauss nel lontano 1983, si sofferma invece sul rapporto tra cristianesimo e liberalismo.

Prendendo la parola, l’Autore ha evidenziato come per Strauss sia scorretto parlare di matrice giudaico-cristiana dell’Occidente, dal momento che l’ebraismo sarebbe più vicino alla religione islamica per il suo rifiuto di ogni commistione con la filosofia. Il tentativo dell’Occidente di coniugare pensiero razionale e religione ha invece caratterizzato la sua modernità, tradottasi nella messa in discussione dei dogmi del cristianesimo, nel relativismo, nell’individualismo, nel nichilismo e nell’Olocausto.

 

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Gianni Scipione Rossi, Storia di Alice. La Giovanna d’Arco di Mussolini (Rubbettino, 2010) con Aldo G.Ricci

Giovedì 17 giugno 2010, nell’ambito degli incontri “Un libro, un autore, tra storia e attualità“, è stato presentato il volume di Gianni Scipione Rossi, Storia di Alice. La Giovanna d’Arco di Mussolini, (Rubbettino, 2010).

Ha introdotto l’incontro Aldo Giovanni Ricci, sottolineando come l’importanza del libro consista nel porre all’attenzione il ruolo che alcune donne hanno avuto nell’elaborazione politica di Mussolini.

Prendendo la parola, Gianni Scipione Rossi ha spiegato che sono due le domande all’origine del volume.
La prima si ricollega alla considerazione effettuata da Ricci e consiste nel tentativo di comprendere se – ed eventualmente come – Alice de Fonseca sia stata in grado di influire sul pensiero di Mussolini.
La seconda questione riguarda il tentativo di capire da chi era veramente costituita l’Italia che sostenne il fascismo.

In questo senso, la figura di Alice e della sua famiglia è estremamente interessante perché non corrispondono allo stereotipo classico dei “fascisti”. L’ambiente culturale da cui proveniva era raffinato e internazionale, dal momento che la famiglia era di origine anglosassone ed Alice effettuò lunghi e frequenti soggiorni a Londra, Parigi e New York. Eppure, affascinata dalla figura di Mussolini, Alice chiese di svolgere l’attività di “ambasciatrice” del fascismo nei principali salotti che ebbe modo di frequentare all’estero.

 

Recensioni

Giuseppe Parlato, La pasionaria del Duce propagandista in Usa
in “Libero”, 6 maggio 2010

Antonio Angeli, Benito, quel rubacuori che sfruttava le donne
in “Il Tempo”, 15 maggio 2010

Davide Eusebi, Alice nel paese del Duce. Un libro svela la storia della Petacci delle Marche
in “Il Resto del Carlino”, 18 maggio 2010

Paolo Boldrini, La pasionaria del duce parte dalle Marche
in “Corriere Adriatico”, 22 maggio 2010

Alice, una storia con Mussolini,
in “Corriere della Sera”, 26 maggio 2010

Leonardo Varasano, Anche Mussolini aveva la sua Giovanna D’Arco…
in “Il Secolo d’Italia”, 6 giugno 2010

Stefano Clerici, La vita della “romantica Alis” ambasciatrice dell’Italia fascista
in “La Repubblica”, 7 giugno 2010

Alessandro Moscè, Alice, il duce e Fabriano: mistero d’amore
in “L’Azione”, 12 giugno 2010

Giorgia Cardinaletti, Alice e il Duce, a casa della pasionaria del regime
in “Il Giornale dell’Umbria”, 22 giugno 2010

Aldo Giovanni Ricci, Alice e il Duce, a casa della pasionaria del regime
in “Liberal”, 24 giugno 2010

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Danilo Breschi, Spirito del Novecento. Il secolo di Ugo Spirito dal fascismo alla contestazione (Rubbettino, 2010) con Dino Cofrancesco, Michela Nacci, Luciano Pellicani e Giuseppe Vacca

Venerdì 28 maggio 2010, la Fondazione Ugo Spirito ha organizzato una tavola rotonda a partire dal volume di Danilo Breschi, Spirito del Novecento. Il secolo di Ugo Spirito dal fascismo alla contestazione (Rubbettino, 2010).

Hanno partecipato Giuseppe Vacca e Luciano Pellicani. Ha introdotto l’incontro Giuseppe Parlato, che ha sottolineato come il libro completi una seconda fase di studi che la Fondazione ha dedicato al pensiero di Ugo Spirito.

Nella prima, grazie soprattutto ai contributi di Armando Rigobello e Vittorio Mathieu, era stata approfondita la dimensione prettamente filosofica dell’opera spiritiana. La seconda fase – nel cui ambito si colloca il volume di Breschi – ha prestato invece maggiore attenzione all’interpretazione politologica che Spirito ha fornito dell’evoluzione dei tempi e della società. Nel suo intervento, Giuseppe Vacca ha evidenziato la “tragicità” della figura di Spirito, determinata da un persistente ancoraggio ai paradigmi ideologici dell’attualismo delle origini che non erano adatti a comprendere il mutare della società di massa e ritardarono nel filosofo la comprensione del nichilismo insito nel movimento del ’68.

Luciano Pellicani ha inquadrato la figura di Spirito all’interno di uno schema tipicamente novecentesco che ha tentato di rispondere alla “morte di Dio” con l’elaborazione di religioni politiche anti-individualistiche ed ostili al capitalismo del mondo borghese.

Nell’intervento finale, Danilo Breschi ha preso spunto dalla figura di Spirito per trattare più in generale il ruolo dell’intellettuale tra il 1789 e il 1989, quando la filosofia si è strettamente collegata alla politica nel tentativo di pensare e trasformare il mondo.

 

Recensioni

Luciano Lanna, Ugo Spirito capì il ’68 quarant’anno prima,
in “Il Secolo d’Italia”, 8 giugno 2010

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