Presentata in Fondazione la biografia politica dell’europeista Giulio Bergmann

Con l’introduzione del presidente Giuseppe Parlato, il 14 dicembre è stato presentato in Fondazione – in presenza e in streaming – il volume di Matteo Antonio Napolitano Verso l’Europa unita. Il percorso politico-istituzionale di Giulio Bergmann (Aracne editrice). Ne hanno parlato con l’autore il prof. Guido Levi dell’Università di Genova e l’avvocato Paolo Andrea Bergmann, nipote di Giulio. È intervenuto anche Ferruccio Parri, nipote omonimo dell’antifascista azionista e repubblicanoche fu presidente del Consiglio e ministro nell’immediato dopoguerra, amico di Giulio BergmannPaolo Andrea Bergmann, nel ringraziare per l’iniziativa, ha voluto donare all’archivio della Fondazione un inedito del nonno. Si tratta del discorso preparato da Giulio Bergmann per essere pronunciato a Milano il 5 marzo del 1956, nella sede dell’ISPI, in occasione dell’ingresso dell’Italia nell’ONU. Il testo sarà pubblicato negli Annali della Fondazione. Il nipote ha ritrovato il testo che in quell’occasione Bergmann non ebbe il tempo di leggere.

Il volume – è stato sottolineato – giunge opportunamente a colmare una lacuna negli studi dell’europeismo italiano e svela una personalità culturale e politica importante quanto dimenticata. Come ha sottolineato Silvio Berardi nella Prefazione al volume, per Bergmann «si può parlare di un profilo noto agli storici dell’integrazione europea, ma sino ad ora ingiustamente assente su di un piano organico, lasciato dunque ai margini della storiografia di settore, nonostante il suo lungo e originario cammino di avvicinamento alla causa repubblicana ed europeista abbia fornito, nel corso del tempo, traiettorie innovative e di particolare interesse».

Giulio Bergmann nacque a Milano il 21 novembre 1881, da Giuseppe – avvocato e giurista – e Fanny Norsa. Il capoluogo lombardo sarà il centro delle sue attività professionali, dopo la laurea conseguita in Giurisprudenza, e delle poliedriche esperienze politiche. Dal 1898, a soli 16 anni, iniziò a prendere parte alle Associazioni monarchiche tra studenti, una prima esperienza di formazione politica che lo portò al più strutturato percorso vissuto con i Giovani liberali di Giovanni Borelli. Con l’approssimarsi della Grande Guerra, Bergmann si trovò coinvolto nel movimento nazionalista come attivo partecipante del gruppo milanese, sostenendo una prospettiva interventista. Si distinse al fronte e subito dopo la guerra portò avanti la causa degli ex combattenti, che lo avvicinò – pur senza formale adesione – al primo fascismo. L’anno di svolta fu il 1938, lo stesso delle leggi razziali e dei venti di guerra. Le origini ebraiche furono causa di discriminazione, personale e per la famiglia, e portarono presto Bergmann verso l’esilio in Svizzera, paese a cui era già legato principalmente per motivi professionali. In terra elvetica strinse alcuni legami decisivi per le future scelte: pensiamo a Ernesto Rossi e al mondo dei federalisti europei, ma anche al consolidamento del lungo rapporto di amicizia con Ferruccio Parri. Deluso dalle posizioni monarchiche e convinto delle responsabilità del Re in merito alle leggi razziali e al disfacimento della nazione in guerra nel 1943, passò vertiginosamente al repubblicanesimo, con spiccati accenti europeisti. Dopo la partecipazione ai lavori della Consulta nazionale, fu senatore per il Partito repubblicano italiano nella prima legislatura e membro supplente dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa, due importanti incarichi attraverso i quali ebbe la possibilità di impegnarsi attivamente sia per il rilancio italiano, sia per l’unità europea, intesa in senso economico e politico. La sua attività si interruppe però improvvisamente nel marzo del 1956, poco dopo il fallimento del progetto CED e immediatamente prima dei Trattati di Roma.

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