Sentimento ostile, Zentralgebiet e criterio del politico

Carl Schmitt

di Teodoro Katte Klitsche de la Grange

Scrive Clausewitz, nelle prime pagine del Vom Kriege, che la guerra, sotto l’aspetto delle di essa tendenze principali si presenta come un triedro composto:
«1. Della violenza originale del suo elemento, l’odio e l’inimicizia, da considerarsi come un cieco istinto;
2. del giuoco delle probabilità e del caso, che le imprimono il carattere di una libera attività dell’anima;
3. della sua natura subordinata di strumento politico, ciò che la riconduce alla pura e semplice ragione.
La prima di queste tre facce corrisponde più specialmente al popolo, la seconda al condottiero ed al suo esercito, la terza al governo. Le passioni che nella guerra saranno messe in giuoco debbono già esistere nelle nazioni».
E poco prima sostiene che «Quanto più grandiosi e forti sono i motivi della guerra, quanto maggiormente essi abbracciano gli interessi vitali dei popoli, quanto maggiore è la tensione che precede la guerra, tanto più que- sta si avvicina alla sua forma astratta, tanto maggiore diviene la collimazione fra lo scopo politico e quello militare».
Da questi e da altri passi del Vom Kriege emerge che il “sentimento ostile” e la violenza originale dell’odio e dell’inimicizia è del “triedro” l’elemento che più contribuisce all’intensità e alla determinazione dello sforzo bellico.
Secondo Carl Schmitt «I concetti di amico e nemico devono essere presi nel loro significato concreto, esistenziale, non come metafore o simboli; essi non devono essere mescolati e affievoliti da concezioni economiche, morali e di altro tipo, e meno che mai vanno intesi in senso individualistico- privato», perché «Nemico è solo un insieme di uomini che combatte almeno virtualmente, cioè in base ad una possibilità reale, e che si contrappone ad un altro raggruppamento umano dello stesso genere». Il nemico è solo pubblico come già era scritto nel Digesto. La contrapposizione politica è la più intensa ed estrema; non è limitata all’esterno dell’unità politica, anche se all’interno è relativizzata ossia è lotta e non guerra; se diviene questa mette in forse l’unità politica. La guerra è in se un mezzo politico e non può che essere tale «sarebbe del tutto insensata una guerra condotta per motivi «puramente» religiosi, «puramente» morali, «puramente» giuridici o «puramente» economici». Tuttavia «contrasti religiosi, morali e di altro tipo si trasformano in contrasti politici e possono originare il raggruppamento di lotta decisivo in base alla distinzione amico-nemico. Ma se si giunge a ciò, allora il contrasto decisivo non è più quello religioso, morale od economico, bensì quello politico»; e prosegue «Ogni contrasto religioso, morale, economico, etnico o di altro tipo si trasforma in un contrasto politico, se è abbastanza forte da raggruppare effettivamente gli uomini in amici e nemici».
Nello scritto L’epoca delle neutralizzazioni e delle spoliticizzazioni Schmitt sostiene (e ciò presenta interesse anche per il “contenuto” del politico) che l’Europa ha cambiato dal XVI secolo più volte il proprio centro di riferimento; il quale è passato dal teologico al metafisico, da questo al morale- umanitario e poi all’economico.

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Il testo completo in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. XXX, 2018, pp. 135-149.