Renzo De Felice e Augusto Del Noce: le nuove prospettive sulla interpretazione del fascismo

Nel quadro delle iniziative di studio e ricerca avviate dalla Fondazione per il quarantennale della morte di Ugo Spirito e il novantennale della nascita di Renzo De Felice, mercoledì 30 ottobre 2019, nella sede della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, si è tenuto il seminario interno dal titolo “Renzo De Felice e Augusto Del Noce. Le nuove prospettive sulla interpretazione del fascismo”.

Ne hanno discusso: Danilo Breschi, consigliere di amministrazione della Fondazione e professore associato di Storia delle dottrine politiche nella Unint di Roma, Giovanni Dessì, professore associato di Storia del pensiero politico contemporaneo all’Uni­versità Tor Vergata di Roma, Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione e professore ordinario di Storia contemporanea nella Unint di Roma, Paolo Sardos Albertini, avvocato e presidente della Lega Nazionale, Rodolfo Sideri, direttore dei Corsi di formazione della Fondazione e professore di storia e filosofia nei Licei, e Giovanni Tassani, storico.

Lo storico reatino e il filosofo di scuola torinese, partendo da esperienze e sensibilità diverse hanno fornito due delle più significative interpretazioni del fascismo avutesi nel corso del secondo Novecento.

Divisi nel metodo di indagine, ma uniti nel rigore analitico, De Felice e Del Noce hanno consegnato agli studiosi a loro successivi una chiave di valutazione densa di suggestioni e di originali spunti di ricerca. I relatori del seminario si sono confrontati, in base ai rispettivi settori di competenza, sulle nuove prospettive di interpretazione del fascismo, interrogandosi su un’analisi coltivata nel tempo e ancora foriera di un fruttuoso confronto scientifico e, più in generale, culturale.

“Facciamo storia, non moralismo”: pubblicato il terzo volume degli scritti giornalistici di Renzo De Felice

Questo terzo volume – un unico tomo di 352 pagine – raccoglie  scritti e interviste che coprono un periodo storico molto intenso sia sul piano internazionale sia sul piano interno, che va dall’apertura del muro di Berlino – 9 novembre 1989 – al crollo della “prima repubblica” e alla contrastata nascita della “seconda”, passando nel 1992 per la firma trattato di Maastricht e la creazione dell’Unione Europea. In questo periodo De Felice ha presieduto la Commissione scientifica della Fondazione e ne è stato negli ultimi anni presidente.

Dagli scritti emerge un De Felice che conferma il suo forte impegno civile,la sua critica alla storiografia italiana e la preoccupazione per la inadeguatezza della classe politica.

Il volume, con una prefazione di Gianni Scipione Rossi,  si apre con un intervento nel quarantesimo anniversario delle leggi razziali e si chiude con un testo di commento al volume Il passato di un’illusione di François Furet. <Giudicando il secolo – nota De Felice – non possiamo non dirci furettiani>

La pubblicazione avviane nel quadro delle iniziative che la Fondazione ha intrapreso nel quarantesimo anniversario della morte di Ugo Spirito e nel novantesimo della nascita di Renzo De Felice – con il sostegno della Legge di Bilancio 2019, ex art. 1, comma 416 – con l’obiettivo di promuovere studi e ricerche sull’opera dei due grandi intellettuali del Novecento ai quali la Fondazione stessa si intitola. 

Renzo De Felice, Scritti Giornalistici. <Facciamo storia, non moralismo> 1989-1996, a cura di Giuseppe Parlato e Giuliana Podda, prefazione di Gianni Scipione Rossi, Luni Editrice, Milano 2019, pp. 352, € 25,00.

Il libro può essere prenotato presso la Fondazione e l’editrice Luni:

info@www.fondazionespirito.it

www.lunieditrice@lunieditrice.com

Rassegna stampa

Ma De Felice oggi sarebbe censurato

Leggi anche:

http://www.fondazionespirito.it/insegnare-la-complessita-il-7-novembre-a-rieti-convegno-sul-magistero-di-renzo-de-felice/

 

“Facciamo storia, non moralismo”: in uscita il terzo volume degli scritti giornalistici di Renzo De Felice

Nel novantesimo anniversario della nascita di Renzo De Felice è in uscita il terzo volume dei suoi scritti giornalistici. Il libro, curato da Giuseppe Parlato e Giuliana Podda, viene pubblicato in coedizione dalla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice e da Luni Editrice con il titolo Scritti Giornalistici. <Facciamo storia, non moralismo> 1989-1996.

Il volume completa la raccolta degli articoli e delle interviste che lo storico reatino ha pubblicato su riviste e giornali dal 1960 a poche settimane dalla scomparsa. Il primo volume – in due tomi- è apparso nel 2016, nel ventennale della morte. Il secondo – anch’esso in due tomi – nel 2017.

Questo terzo volume – un unico tomo di 352 pagine – raccoglie  scritti e interviste che coprono un periodo storico molto intenso sia sul piano internazionale sia sul piano interno, che va dall’apertura del muro di Berlino – 9 novembre 1989 – al crollo della “prima repubblica” e alla contrastata nascita della “seconda”, passando nel 1992 per la firma trattato di Maastricht e la creazione dell’Unione Europea. In questo periodo De Felice ha presieduto la Commissione scientifica della Fondazione e ne è stato negli ultimi anni presidente.

Dagli scritti emerge un De Felice che conferma il suo forte impegno civile,  la sua critica alla storiografia italiana e la preoccupazione per la inadeguatezza della classe politica.

Il volume, con una prefazione di Gianni Scipione Rossi,  si apre con un intervento nel quarantesimo anniversario delle leggi razziali e si chiude con un testo di commento al volume Il passato di un’illusione di François Furet. <Giudicando il secolo – nota De Felice – non possiamo non dirci furettiani>

La pubblicazione avviane nel quadro delle iniziative che la Fondazione ha intrapreso nel quarantesimo anniversario della morte di Ugo Spirito e nel novantesimo della nascita di Renzo De Felice – con il sostegno della Legge di Bilancio 2019, ex art. 1, comma 416 – con l’obiettivo di promuovere studi e ricerche sull’opera dei due grandi intellettuali del Novecento ai quali la Fondazione stessa si intitola. 

Renzo De Felice, Scritti Giornalistici. <Facciamo storia, non moralismo> 1989-1996, a cura di Giuseppe Parlato e Giuliana Podda, prefazione di Gianni Scipione Rossi, Luni Editrice, Milano 2019, pp. 352, € 25,00.

Il libro può essere prenotato presso la Fondazione e l’editrice Luni:

info@www.fondazionespirito.it

www.lunieditrice@lunieditrice.com

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Presentazione del secondo fascicolo 2019 degli “Annali” della Fondazione

Mercoledì 16 ottobre 2019, nella Sala della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (piazza delle Muse 25, Roma) è stato presentato il secondo fascicolo 2019 degli “Annali” della Fondazione (a. XXXI).
Sono intervenuti: Giuseppe Parlato, ordinario di Storia contemporanea nell’Università degli Studi Internazionali di Roma e presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Gianni Scipione Rossi, vicepresidente della Fondazione, Danilo Breschi, associato di Storia delle dottrine politiche nell’Università degli Studi Internazionali di Roma e consigliere della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, e Rodolfo Sideri, responsabile dei Corsi di formazione della Fondazione.

Il fascicolo

Il fascicolo, ricco di contributi originali, si apre con una sezione di “Inediti e studi” dedicata, in occasione degli anniversari, a Ugo Spirito e Renzo De Felice. I contributi di presentazione e approfondimento sono di Giuseppe Parlato, Nota introduttiva a Validità della biografia nella ricerca storica, di Renzo De Felice; Rodolfo Sideri, Filosofia, politica, religione: le ultime lettere a Ugo Spirito (1976-1979); Danilo Breschi, con il saggio Morte della filosofia e sfondamento ontologico. Ugo Spirito in dialogo con Guido Calogero, presenta Guido Calogero e la filosofia del dialogo, di Ugo Spirito.

La seconda sezione contiene gli Atti del Convegno di studi “La svolta del 1919”, tenutosi nella sede della Fondazione il 13 giugno 2019. Gli autori dei contributi sono: Giuseppe Parlato, Da San Sepolcro a Fiume; Giovanni Dessì, La nascita e il significato del Partito Popolare Italiano; Simonetta Bartolini, Il diciannovismo degli intellettuali; Silvio Berardi, Nitti e la proporzionale, con uno sguardo all’Europa; Andrea Ungari, Il ’19 del Re.

La sezione “Saggi” presenta in questo secondo fascicolo una serie eterogenea di studi. Questi i titoli presenti: Il Partito repubblicano italiano e la caduta del Muro di Berlino, di Silvio Berardi; Antagonismo alla modernità in Europa sud-orientale: il nazionalismo romeno, di Stefano Santoro; Sozialreform e Berufständische Ordnung nell’opera di Johannes Messner, di Giovanni Franchi; L’evoluzione storica del sistema parlamentare austriaco, di Ulrike Haider-Quercia; Obiettivi e organizzazione della propaganda fascista nelle università inglesi, di Tamara Colacicco; Il fascismo e la mancata rivoluzione antiborghese, di Cristian Leone.
Protagonista della quarta sezione, curata da Gianni Scipione Rossi, è invece Attilio Tamaro e, in particolare, il suo rapporto con l’impresa di Fiume. Oltre al contributo introduttivo di Rossi, Giornalista e agitatore: la Dalmazia e il sogno infranto di Attilio Tamaro, la sezione conterrà, dall’Archivio della Fondazione, alcune pagine inedite di Tamaro: Trieste, Fiume, Zara: pagine inedite 1920-1921.
Nella sezione “Note sul Novecento”, Danilo Breschi pubblica Tieni a mente Tienanmen e Nicola Rao, La madre di tutte le stragi. Piazza Fontana cinquant’anni dopo.

Completano il fascicolo le recensioni, le segnalazioni librarie, la sezione “Dall’Archivio”, con Il Fondo Luigi Romersa presentato da Alessandra Cavaterra, e le notizie sull’attività della Fondazione.

Per leggere gli Annali è possibile acquistare il singolo articolo, il singolo volume o l’abbonamento annuale, a queste condizioni:
– Singolo articolo (versione pdf): 5,00 €
– Singolo volume (versione digitale): 10,00 €
– Singolo volume (versione cartacea): 20,00 €
– Abbonamento annuale (versione digitale): 20,00 €
– Abbonamento annuale (versione cartacea): 35,00 €
In caso di acquisto del volume cartaceo, l’invio avverrà all’indirizzo segnalato senza costi aggiuntivi.
È possibile pagare utilizzando Paypal, disponibile sul sito nella sezione Pubblicazioni, o attraverso bonifico bancario. Tutte le informazioni sono reperibili a questa pagina: http://www.fondazionespirito.it/annali-della-fondazione/

La registrazione integrale dell’evento è disponibile al seguente link: https://www.radioradicale.it/scheda/587632/presentazione-degli-annali-2029-numero-2-il-lungo-dopoguerra-e-la-difficile-pace

“Insegnare la complessità”. Il 7 novembre a Rieti convegno sul magistero di Renzo De Felice

“Insegnare la complessità. Magistero scientifico e impegno civile in Renzo De Felice”. Questo il tema del convegno che la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, in collaborazione con il Comune di Rieti, organizza nel quadro delle iniziative di studio programmate nel novantesimo anniversario della nascita dello storico scomparso.

Il convegno si terrà nella città natale di De Felice giovedì 7 novembre 2019, con inizio alle 15.30, nella Sala della Biblioteca Comunale Paroniana, via San Pietro Martire, 28.

Il programma si apre con i saluti del sindaco di Rieti, Antonio Cicchetti, dell’assessore alla Cultura, Gianfranco Formichetti, e del vicepresidente della Fondazione, Gianni Scipione Rossi.

A seguire, gli interventi del giornalista e saggista Pasquale Chessa, del ricercatore Mario Ciampi, del presidente dell’Istituto Storico per il Pensiero Liberale Luigi Compagna, del giornalista e saggista Stefano Folli, editorialista de “la Repubblica”, dello storico Gianni Oliva e del giornalista e scrittore Marcello Veneziani. Le conclusioni saranno tratte dallo storico Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.  Modera Stefano Pozzovivo, conduttore di Radio Subasio.

Nato a Rieti nel 1929, prematuramente scomparso a Roma nel 1996, Renzo De Felice è stato uno dei maggiori storici italiani del Novecento. Laureatosi a Roma con Federico Chabod, professore universitario dal 1968, dal 1971 ha insegnato prima Storia dei partiti politici poi Storia contemporanea nell’università di Roma ”La Sapienza”. Ha fondato e diretto dal 1970 la rivista Storia contemporanea.

Partito da studi sul giacobinismo in Italia, si è poi interessato di problemi di storia del fascismo. Trai suoi volumi: Storia degli ebrei in Italia sotto il fascismo (1961, 1977); Le interpretazioni del fascismo (1969, 1971), e una vasta biografia di Mussolini. Uscita tra il 1965 e il 1997, si compone di otto volumi (l’ultimo uscito postumo). Si è occupato anche di D’Annunzio politico (1978) e ne ha curato la pubblicazione degli epistolari con Mussolini (1971) e De Ambris (1966), degli scritti e dei discorsi fiumani (1974). Ha redatto la voce Fascismo per l’Enciclopedia del Novecento. Tra le sue ultime opere il saggio-intervista Rosso e nero (1995).

Presidente della Commissione scientifica della Fondazione Ugo Spirito dalla nascita, ha presieduto la Fondazione stessa dal 1992 fino alla morte. In omaggio al suo magistero scientifico, nel 2011 l’istituto ha assunto l’attuale denominazione di Fondazione Spirito e Renzo De Felice.

(L’iniziativa è finanziata dai fondi destinati dalla Legge di Bilancio 2019, art. 1, comma 416)

 

Presentazione del secondo fascicolo 2019 degli “Annali” della Fondazione

Mercoledì 16 ottobre 2019 alle ore 17.30, nella Sala della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (piazza delle Muse 25, Roma) sarà presentato il secondo fascicolo 2019 degli “Annali” della Fondazione (a. XXXI).
Intervengono Giuseppe Parlato, ordinario di Storia contemporanea nell’Università degli Studi Internazionali di Roma e presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Gianni Scipione Rossi, vicepresidente della Fondazione, e Danilo Breschi, associato di Storia delle dottrine politiche nell’Università degli Studi Internazionali di Roma e consigliere della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice. Modera Nicola Benedizione, consigliere della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.

Il fascicolo

Il fascicolo, ricco di contributi originali, si apre con una sezione di “Inediti e studi” dedicata, in occasione degli anniversari, a Ugo Spirito e Renzo De Felice. I contributi di presentazione e approfondimento sono di Giuseppe Parlato, Nota introduttiva a Validità della biografia nella ricerca storica, di Renzo De Felice; Rodolfo Sideri, Filosofia, politica, religione: le ultime lettere a Ugo Spirito (1976-1979); Danilo Breschi, con il saggio Morte della filosofia e sfondamento ontologico. Ugo Spirito in dialogo con Guido Calogero, presenta Guido Calogero e la filosofia del dialogo, di Ugo Spirito.

La seconda sezione contiene gli Atti del Convegno di studi “La svolta del 1919”, tenutosi nella sede della Fondazione il 13 giugno 2019. Gli autori dei contributi sono: Giuseppe Parlato, Da San Sepolcro a Fiume; Giovanni Dessì, La nascita e il significato del Partito Popolare Italiano; Simonetta Bartolini, Il diciannovismo degli intellettuali; Silvio Berardi, Nitti e la proporzionale, con uno sguardo all’Europa; Andrea Ungari, Il ’19 del Re.

La sezione “Saggi” presenta in questo secondo fascicolo una serie eterogenea di studi. Questi i titoli presenti: Il Partito repubblicano italiano e la caduta del Muro di Berlino, di Silvio Berardi; Antagonismo alla modernità in Europa sud-orientale: il nazionalismo romeno, di Stefano Santoro; Sozialreform e Berufständische Ordnung nell’opera di Johannes Messner, di Giovanni Franchi; L’evoluzione storica del sistema parlamentare austriaco, di Ulrike Haider-Quercia; Obiettivi e organizzazione della propaganda fascista nelle università inglesi, di Tamara Colacicco; Il fascismo e la mancata rivoluzione antiborghese, di Cristian Leone.
Protagonista della quarta sezione, curata da Gianni Scipione Rossi, è invece Attilio Tamaro e, in particolare, il suo rapporto con l’impresa di Fiume. Oltre al contributo introduttivo di Rossi, Giornalista e agitatore: la Dalmazia e il sogno infranto di Attilio Tamaro, la sezione conterrà, dall’Archivio della Fondazione, alcune pagine inedite di Tamaro: Trieste, Fiume, Zara: pagine inedite 1920-1921.
Nella sezione “Note sul Novecento”, Danilo Breschi pubblica Tieni a mente Tienanmen e Nicola Rao, La madre di tutte le stragi. Piazza Fontana cinquant’anni dopo.

Completano il fascicolo le recensioni, le segnalazioni librarie, la sezione “Dall’Archivio”, con Il Fondo Luigi Romersa presentato da Alessandra Cavaterra, e le notizie sull’attività della Fondazione.

Per leggere gli Annali è possibile acquistare il singolo articolo, il singolo volume o l’abbonamento annuale, a queste condizioni:
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Le decisioni della Commissione Scientifica per le ricerche su Spirito e De Felice

In merito alla selezione indetta dalla Fondazione per nuove ricerche sull’opera di Ugo Spirito e Renzo De Felice, a conclusione dei lavori, la Commissione Scientifica istituita per le attività relative agli anniversari, presieduta dal prof. Hervé A. Cavallera e composta dai professori Paolo Simoncelli e Umberto Gentiloni Silveri, nonché dai professori Danilo Breschi, Giuseppe Parlato e Gaetano Sabatini, quali componenti interni della Fondazione, ha selezionato cinque progetti di ricerca.

Ricordiamo che la selezione era riservata a cittadini italiani in possesso di laurea specialistica o magistrale conseguita a partire dal 1° gennaio 2015 al luglio 2019.

I temi esaminati e scelti dalla Commissione nei due indirizzi di studio, storico e filosofico, sono i seguenti: “La vita come ricerca” e la cultura giovanile fascista di Ugo Spirito; L’altro Turati. Storia di Augusto, segretario del PNF; Ugo Spirito e la critica al marginalismo economico; Fenomenologia della sinistra fascista (1946-1989) a partire dall’esegesi di Renzo De Felice; Il tema del comunismo in Ugo Spirito tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta.

In preparazione il secondo fascicolo 2019 degli “Annali”: prenotate la vostra copia

È in preparazione il secondo fascicolo semestrale degli “Annali” della Fondazione (Anno I, n. 2/2019 XXXI, nuova serie).
Il fascicolo, ricco di contributi originali, si aprirà con una sezione di “Inediti e studi” dedicata, in occasione degli anniversari, a Ugo Spirito e Renzo De Felice. I contributi di presentazione e approfondimento sono di Giuseppe Parlato, Nota introduttiva a Validità della biografia nella ricerca storica, di Renzo De Felice; Rodolfo Sideri, Filosofia, politica, religione: le ultime lettere a Ugo Spirito (1976-1979); Danilo Breschi, con il saggio Morte della filosofia e sfondamento ontologico. Ugo Spirito in dialogo con Guido Calogero, presenta Guido Calogero e la filosofia del dialogo, di Ugo Spirito.

La seconda sezione conterrà gli Atti del Convegno di studi “La svolta del 1919”, tenutosi nella sede della Fondazione il 13 giugno 2019. Gli autori dei contributi sono: Giuseppe Parlato, Da San Sepolcro a Fiume; Giovanni Dessì, La nascita e il significato del Partito Popolare Italiano; Simonetta Bartolini, Il diciannovismo degli intellettuali; Silvio Berardi, Nitti e la proporzionale, con uno sguardo all’Europa; Andrea Ungari, Il ’19 del Re.

La sezione “Saggi” presenterà in questo secondo fascicolo una serie eterogenea di studi. Questi i titoli presenti: Il Partito repubblicano italiano e la caduta del Muro di Berlino, di Silvio Berardi; Antagonismo alla modernità in Europa sud-orientale: il nazionalismo romeno, di Stefano Santoro; Sozialreform e Berufständische Ordnungnell’opera di Johannes Messner, di Giovanni Franchi; L’evoluzione storica del sistema parlamentare austriaco, di Ulrike Haider-Quercia; Obiettivi e organizzazione della propaganda fascista nelle università inglesi, di Tamara Colacicco; Il fascismo e la mancata rivoluzione antiborghese, di Cristian Leone.
Protagonista della quarta sezione, curata da Gianni Scipione Rossi, sarà invece Attilio Tamaro e, in particolare, il suo rapporto con l’impresa di Fiume. Oltre al contributo introduttivo di Rossi, Giornalista e agitatore: la Dalmazia e il sogno infranto di Attilio Tamaro, la sezione conterrà, dall’Archivio della Fondazione, alcune pagine inedite di Tamaro: Trieste, Fiume, Zara: pagine inedite 1920-1921.
Nella sezione “Note sul Novecento”, Danilo Breschi pubblicherà Tieni a mente Tienanmen e Nicola Rao, La madre di tutte le stragi. Piazza Fontana cinquant’anni dopo.

Completeranno il fascicolo le recensioni, le segnalazioni librarie, la sezione “Dall’Archivio”, con Il Fondo Luigi Romersa presentato da Alessandra Cavaterra, e le notizie sull’attività della Fondazione.

Per leggere gli Annali è possibile acquistare il singolo articolo, il singolo volume o l’abbonamento annuale, a queste condizioni:
– Singolo articolo (versione pdf): 5,00 €
– Singolo volume (versione digitale): 10,00 €
– Singolo volume (versione cartacea): 20,00 €
– Abbonamento annuale (versione digitale): 20,00 €
– Abbonamento annuale (versione cartacea): 35,00 €
In caso di acquisto del volume cartaceo, l’invio avverrà all’indirizzo segnalato senza costi aggiuntivi.
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Gli intellettuali italiani e l’antisemitismo

La prima edizione
De Silva, 1947

di Gianni Scipione Rossi

La percezione riluttante
Se volessimo dare una definizione sintetica degli intellettuali italiani di fronte all’antisemitismo e alle leggi razziali basterebbe catalogarli con tre parole: gli antisemiti, gli opportunisti, gli indifferenti. Naturalmente la questione è molto più complessa, forse anche più complessa di quella, connessa ma non sovrapponibile, dell’atteggiamento degli intellettuali italiani nei confronti del regime fascista, sulla quale tanto si è scritto. A sua volta, anche tale questione si intreccia con il tema più generale degli italiani di fronte al fascismo e alle leggi razziali.
È nota l’analisi di Renzo De Felice sulla percezione della svolta razzista del regime fascista. Una svolta che – rileva il biografo di Mussolini – fu «accolta dalla gran maggioranza degli italiani e degli stessi fascisti con perplessita’ e molto spesso con ostilità». E che tuttavia non determinò un generale o almeno percepibile distacco dal fascismo. «Per quanto grave, la lacerazione prodotta dalla legislazione antisemita – sottolinea lo storico reatino – fu, tutto sommato, dal punto di vista del “consenso”, meno decisiva di quanto talvolta viene affermato». Di «quelle leggi – concorda Tullia Zevi – la popolazione in un primo tempo non percepì la gravità».  Per il secondo tempo si dovrà attendere ben oltre la fine della guerra.
Sarebbe improprio affermare che la consapevolezza della Shoah si diffonda con le prime immagini dei campi di sterminio nazisti proiettate dall’americano Psychological Warfare Branch nei cinematografi romani nel 1945. Ancor più improprio sarebbe sostenere che quelle immagini abbiano determinato negli italiani una consapevolezza diffusa delle conseguenze ultime delle leggi antiebraiche del 1938. Né incise, nel 1947, la prima edizione di Se questo è un uomo di Primo Levi, rifiutata da Einaudi su suggerimento di Natalia Ginzburg e Cesare Pavese, e pubblicata quasi clandestina da un piccolo editore di Vercelli.

[…]

Lo scivoloso crinale tra pregiudizio diffuso e antisemitismo reale
Se fosse disponibile un algoritmo capace di scandagliare l’intera letteratu- ra italiana della prima metà del Novecento, ma anche memorie, diari e carteggi inediti, l’elenco delle affermazioni imputabili o sospettabili di tradire un pregiudizio antisemita sarebbe probabilmente interminabile. Esiguo, al contrario, sarebbe quello delle affermazioni volte a contrastare l’antisemitismo, sia culturale sia politico. Avrebbe una utilità questa classificazione? Sì, se utilizzata per comprendere appieno un clima. Molto meno se si trasforma in un processo alle intenzioni, come se ogni affermazione possa ritenersi prodromica delle leggi antiebraiche o – addirittura – della Shoah, inevitabile e consapevole terreno di coltura della persecuzione. Potrebbe naturalmente spiegare l’indifferenza diffusa, che negli intellettuali talvolta si trasforma in attiva e opportunistica partecipazione alla campagna razzista di fine anni Trenta. È comunque opportuno tenere a mente l’ammonimento di Delio Cantimori ricordato da Alberto Cavaglion: «l’uso del vocabolo “razza” è stato anacronisticamente utilizzato come prova schiacciante per retrodatare, oltre ogni limite di serietà scientifica, il presunto razzismo strutturale dell’italiano medio».  All’epoca, va chiarito, il termine razza veniva utilizzato come sinonimo di popolo, il che vale anche per il giovane socialista Mussolini.

Procediamo comunque con qualche esempio. È noto che Gaetano Salvemini l’8 dicembre 1922 appunta nel suo diario: «Mayer è triestino ed ebreo: credergli sarebbe ingenuità». È lecito “impiccare” Salvemini a questa e ad altre battute? E sottolineare come ancora nel 1934 stentasse, da combattivo antifascista all’estero, a identificare Mussolini con Hitler in materia di antisemitismo? «Mussolini – scrisse – non ha mai scatenato in Italia un’ondata di antisemitismo paragonabile a quella cui stiamo assistendo oggi in Germania. […] L’equivalente italiano dell’antisemitismo tedesco è la persecuzione della massoneria».
«Triestino era sempre per lui sinonimo di ebreo», nota Giulio Cattaneo a proposito di Carlo Emilio

Carlo Emilio Gadda

Gadda, affrettandosi a precisare: «Gadda non era antisemita». Vero? Falso? Parliamo del Gadda della feroce invettiva post-bellica contro un Mussolini, che nella vulgata lo fa annoverare tra le «firme sideralmente lontane dal regime». Un Mussolini sbeffeggiato come «Priapo Ottimo Massimo» e «Maccherone Maramaldo» in un florilegio che non contempla – per dire – un “Maramaldo Antigiudeo”.
Sono ben note le pagine scritte dall’ingegnere nel Racconto italiano di ignoto del novecento, nelle quali gli ebrei – che «mi sono poco simpatici» – «ad un tempo sono banchieri, democratici, framassoni e filantropi, soprattutto israeliti. Banchieri per istinto, filantropi per convenienza (nel senso largo e buono della parola), democratici per necessità».
È invece forse sfuggito ai più questo passaggio di Gadda, che il 25 novembre 1915 annota nel suo diario: «Alla mensa conobbi […] l’antipaticissimo, pretensioso, presuntuoso cap. Niccolosi, ebreo. È strana l’intuizione che ho degli ebrei: li conosco di colpo, al solo guardarli, prima ancora di avvicinarli: non ho nessuna speciale avversione per loro, ma questo Niccolosi deve essere un cane». Più o meno come il commissario di polizia che a Fontanay-le-Comte, nella Francia occupata, indaga sul belga Georges Simenon e sospetta: «– Lei è ebreo!» […] «Non mi sbaglio mai, io. L’ebreo lo sento al fiuto…».
Gadda – iscritto al Pnf dal 1921 – era dunque antisemita? Certo è che il Giornale di guerra viene pubblicato solo nel 1955, peraltro dopo un attento lavoro di revisione, al fine di evitare citazioni di persone che potrebbero restarne offese. Se ne può dedurre che Gadda, a dieci anni dalla fine della seconda guerra mondiale, non ritiene di dover espungere quella frase nota solo a lui. Probabilmente la considera una battuta innocua mentre – come si è detto – la percezione di quanto era accaduto faticava a affermarsi anche nel ceto intellettuale.

[…]

Il testo completo del saggio in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. XXX, 2018, pp. 55-76.

25 luglio 1943: l’impossibile verità e la percezione dei contemporanei

La Sala del Pappagallo
(Archivio Fotografico Polo Museale
Roma – Fondo Hermanin)

di Gianni Scipione Rossi

//In Rosso e Nero Renzo De Felice definì “romanzo di Benito” l’insieme delle ricostruzioni – vere, verosimili, palesemente false – che per decenni hanno alimentato una corposa letteratura intorno alla morte di Mussolini. Di questo “romanzo” – o se si vuole di un altro “romanzo di Benito” – può essere considerata parte l’altrettanto ampia letteratura relativa al crollo del regime fascista, cioè alla preparazione e allo svolgimento della seduta del Gran Consiglio che ebbe luogo nella sala del Pappagallo di Palazzo Venezia tra il pomeriggio del 24 e la notte del 25 luglio 1943, con l’appendice dell’incontro di Mussolini con Re Vittorio Emanuele III, la nomina di Badoglio a Capo del Governo e l’arresto dello stesso Mussolini.

Di “romanzo” si può in qualche modo parlare perché gli storici si sono dovuti confrontare con due ostacoli insormontabili. Come è noto della seduta del Gran Consiglio non fu redatto verbale, che comunque era sempre stato molto stringato. D’altro canto il colloquio tra Mussolini e il Re a Villa Savoia avvenne senza testimoni, salvo l’aiutante di Campo di Vittorio Emanuele generale Puntoni, che tuttavia si limitò ad ascoltare con difficoltà da dietro una porta. Origliando, si potrebbe dire. <Il colloquio è breve, ma non sarà mai possibile ricostruirlo nei suoi termini esatti>, ammetteva Domenico Bartoli nella sua biografia del Re fin dall’aprile 1946. E così è stato.

Tutto ciò che è stato scritto su quelle 24 ore cruciali per la storia d’Italia si basa non su resoconti oggettivi, bensì sulle memorie divulgate a posteriori, in tempi diversi, dai protagonisti – Mussolini compreso –, da comprimari o da persone in qualche modo a loro legate, spesso sulla base di vere o presunte testimonianze prive di riscontri documentali. Per quanto concerne il Gran Consiglio, come ha confermato Emilio Gentile in una preziosa ma fatalmente non conclusiva indagine comparativa, <cosa veramente accadde in quelle dieci ore, prima della votazione finale, è tutt’ora avvolto nell’incertezza di testimonianze contraddittorie>.

Rimane dunque insuperata la ricostruzione di Renzo De Felice dei fatti accertati e del quadro politico d’insieme in cui maturò il crollo del regime fascista. Approssimativi restano i dettagli. Il che può apparire un paradosso storiografico se si ha presente come gli accadimenti del 25 luglio abbiano suscitato un comprensibile immediato e generale interesse negli italiani, e di conseguenza abbiano prodotto un fiorire incontenibile di pubblicistica. <I primi resoconti abbastanza ampi sulla seduta del Gran Consiglio – sottolinea De Felice – apparvero nella “Nueu rcher Zeitung” del 16 agosto 1943, successivamente pubblicato in Italiano col titolo 25 luglio 1943. L’ultima seduta del Gran Consiglio del Fascismo (s.l. e d.), e nella “Gazzetta Ticinese” del 9 settembre 1943>. Testi semplicemente rimaneggiati apparvero in contributi posteriori. Per quanto concerne la produzione italiana, De Felice segnalava <una pubblicistica coeva in genere poco o per nulla attendibile>. Ma tuttavia assai numerosa e capace di circolare ampiamente tra un pubblico affamato di notizie e retroscena. <Così come quella straniera, alla quale talvolta si rifà, questa pubblicistica – avverte De Felice è quasi sempre caratterizzata da un tono generale e da particolari drammatico-granguignoleschi del tutto fantastici: Mussolini che avviandosi alla riunione dice a Scorza “andiamo nella trappola” e che a un certo punto della seduta sussurra al segretario del partito “forse dovrò darvi l’ordine di arrestare questi messeri; e, ancora, Mussolini che cerca di scagliarsi contro Grandi ma è trattenuto da Scorza e Galbiati; Bottai che lo chiama “pagliaccio” e fa pesanti allusioni alle “sorelle Petacci” e a Magda Fontanges; Mussolini e De Bono (che a un certo punto estrae la pistola) che si scambiano reciprocamente accuse di tradimento; Marinelli che rinfaccia a Mussolini l’uccisione di Matteotti; Grandi che si è portato due bombe a mano e ne passa una a De Vecchi (che proclama di aver preveduto nel 1934 la rovina alla quale Mussolini avrebbe portato l’Italia); Pareschi che agli attacchi contro Mussolini sviene; Farinacci che a un certo punto della seduta fugge; Grandi e Federzoni che appena finita la riunione si recano dal re; ecc.>.

D’altronde le fonti erano – come si è detto – poche e scarsamente affidabili. Si pensi che nel notissimo discorso che il maresciallo Badoglio tenne agli ufficiali a San Giorgio Jonico il 18 ottobre 1943, lo stesso neo presidente del Consiglio sostiene che <La mattina del 25 luglio Mussolini si presentò a Villa Savoia a S. M. il Re e comunicò la mozione del Gran Consiglio>. Nella mattina, dunque, e non nel pomeriggio come fu nella realtà. Nella prima ricostruzione svizzera si afferma che il ministro della Real Casa Acquarone chiamò tre volte Mussolini, dalla mattina del 25, per chiedergli di andare a conferire con il Re. Un particolare che non ha mai avuto riscontri.

Solo nel giugno-luglio 1944 Mussolini pubblica la sua “verità” – la Storia di un anno – sul “Corriere della Sera”: una serie di articoli poi raccolti in un supplemento al quotidiano in agosto e, a novembre, nella prima edizione Mondadori. Mentre il primo memoriale Grandi – sei articoli scritti a Lisbona – apparve in Italia in una edizione Documenti nel gennaio 1945.

Tra i fascicoli coevi citati da Renzo De Felice, il più elaborato ma non per questo attendibile – è forse quello intitolato Dal 25 luglio al 10 settembre. Nuove testimonianze, privo di autore e di editore, ma che risulta stampato in Roma il 31 agosto 1944 nella tipografia S.A.I.G. Una prima edizione risulta curiosamente e forse solo formalmente stampata il 1° gennaio 1944. Entrambe hanno una copertina e un frontespizio interno. Nella prima edizione la copertina reca il titolo dal 25 luglio al 10 settembre. Nella seconda il titolo è semplicemente dal 25 luglio. In entrambi i casi il sottotitolo esterno recita: un organico complesso di documenti editi ed inediti sulla seduta del Gran Consiglio, l’arresto e il “prelievo” di Mussolini, e l’abbandono di Roma.

Misterioso resta l’autore. Una breve prefazione (non aggiornata tra gennaio e agosto) è firmata con le iniziali G. M. L’ignoto prefatore avverte correttamente e lucidamente che <gli avvenimenti italiani che vanno dal 25 luglio all’8 settembre 1943 sono tanto vicini a noi, e non ancora per così dire “scontati”, che difficile riuscirebbe volerli inquadrare nella storia. È per questo che le pagine che seguono altro fine non hanno se non quello di una cronaca pura e semplice, una cronistoria degli avvenimenti secondo le fonti sin’ora apparse, fonti per lo più incrinate da preconcetti di parte o sfasate da interessi di singoli>. Le identità di autore e prefatore restano per ora ignote. Potrebbero essere la stessa persona, ma non vi è alcun indizio in questo senso. G. M. potrebbero essere le iniziali di tale Giulio Mariotti, che ha firmato un fascicolo Verità sugli avvenimenti del 25 luglio e 8 settembre 1943, stampato nel 1946 nella tipografia Pozzolini di Livorno. Ma si tratta di una semplice congettura.

D’altronde, in quei mesi, e per qualche anno, prodotti editoriali di questo tipo – sempre presentati come una più vera verità – spesso sono non firmati o firmati con pseudonimi. Gli autori sono altrettanto spesso giornalisti che, nel trapasso di regime, hanno difficoltà a conservare il posto di lavoro o a trovarne uno nuovo. E si dedicano a questi lavori per integrare o garantirsi un reddito. Utilizzando lo stile dell’indagine scandalistica che caratterizzerà per anni, su questi temi, i diffusissimi rotocalchi.

Talvolta – e riguarda non solo la pubblicistica minore – vi sono anche ragioni di opportunità politico-editoriale. Si pensi al caso del volume agiografico Io difendo la monarchia, pubblicato nel marzo 1946 a firma di Pietro Silva (Parma, 1887 – Bologna, 1954), in vista del referendum istituzionale, ma in realtà commissionato da Alberto Bergamini e Mario Missiroli e scritto – come ha scoperto e spiegato Francesco Perfetti – non dallo storico Silva, bensì dal giornalista Ugo D’Andrea (L’Aquila, 1893 Roma, 1979), che già nel 1945 aveva utilizzato uno pseudonimo – Filippo Giolli – per firmare Come fummo ridotti alla catastrofe.

Una curiosità ulteriore riguarda l’editore del volume“monarchico”, stampato nella tipografia Novissima perdf de Fonseca Editore in Roma”, cioè da Giorgio de Fonseca. Figlio dell’intellettuale anglo-italiano Edoardo de Fonseca, profeta del modernismo d’inizio secolo con le riviste “Novissima” e “La Casa”, era sposato con la marchesa Angela d’Albertas, cugina dei Calvi di Bergolo. Giorgio Carlo Calvi di Bergolo, marito di Iolanda di Savoia, era il genero di Vittorio Emanuele III. Un editore di estrema fiducia, dunque. E questo non sorprende. Ma Giorgio de Fonseca, fino al crollo del regime, con la sua Novissima, pubblicava i discorsi di Mussolini. Poi, nel febbraio 1945 dà vita alle Nuove Edizioni Italiane con Enrico Falqui, che dirige i trimestrali letterari “Poesia” e Prosa”. Nel maggio 1945 pubblica il fascicolo anonimo L’ultima ora di Mussolini, sulla cui fine si scrive che è stata <orrenda ma… meritata>. Nello stesso periodo la sorella di Giorgio, Alice de Fonseca, è ancora rifugiata a Lezzeno, sul lago di Como, dopo aver raggiungo Mussolini nella Repubblica Sociale. Alice de Fonseca era stata fin dal 1923 amante del duceforse padre di due dei suoi tre figli – e non aveva mai interrotto il rapporto. Grazie al quale, dopo vari rovesci di fortuna, riusciva anche a garantire al fratello la committenza pubblica per Novissima.

Vite e storie che si intrecciano. E che spiegano e giustificano gli pseudonimi. Come un Lorenzo Barbaro, citato dall’ignoto autore di dal 25 luglio al 10 settembre come fonte autorevole, poiché <cela la personalità di un giornalista molto noto>. Il riferimento è all’articolo “La giornata degli inganni”, apparso sul quotidiano“Risorgimento Liberale” il 25 luglio 1944. Che tuttavia contiene almeno un errore, perché indica in 45 minuti la durata del colloquio tra Mussolini e il Re a villa Savoia, piuttosto che in soli 20 minuti, come sembra accertato da successive convergenti testimonianze.

Siamo ancora nel campo delle congetture. Ma non è improprio immaginare che la citazione del <giornalista molto noto> sia una civetteria destinata a chi – e non era difficile per i contemporanei – ben conosceva l’identità celata: una sorta di compiaciuta autocitazione. Lorenzo Barbaro non era che lo pseudonimo del giovane Domenico Bartoli (Torino, 1912 Roma, 1989), da tempo collaboratore del “Corriere della Sera” e tra i fondatori di “Risorgimento Liberale”. Il futuro direttore del “Resto del Carlino” e de “La Nazione” scriveva corrispondenze per il Corriere dall’Italia occupata. Ma fu tra i primi a tentare di chiarire i misteri del 25 luglio, come ebbe a ricordare Enzo Forcella: <Un giorno sulla prima pagina del Corriere della Sera appare una particolareggiata ricostruzione di come erano andate effettivamente le cose nella famosa riunione del Gran Consiglio. [] Quali che fossero le sue fonti, comunque, per noi giovani nutriti sino ad allora con le veline del regime fu una grande lezione di giornalismo>. Il pezzo era uscito il 18 settembre 1943 con il titolo “Il 25 luglio a Villa Savoia”. Con lo pseudonimo Lorenzo Barbaro, svelato da Gerardo Nicolosi, Bartoli firmò nel luglio dell’anno successivo su “Risorgimento Liberale” l’articolo citato nel fascicolo anonimo. Tra il primo e il 19 agosto dedicò sullo stesso quotidiano quattro puntate al tema “Come si giunse al 25 luglio”. Materiali ancora grezzi, poi affinati nella sua biografia di Vittorio Emanuele uscita per Mondadori nell’aprile del 1946.

La diffusione degli anonimi e degli pseudonimi – e anche delle rifusioni da una sede all’altra di presunte scoperte giornalistiche – non consente, almeno per ora, di attribuire la paternità del fascicolo prefato da M.C. a Domenico Bartoli. Sarebbe, peraltro, solo una curiosità storiografica, anche se ulteriormente rivelatrice di come fosse in ebollizione e in perpetuo movimento l’ambiente giornalistico italiano nel lungo passaggio dal regime fascista alla Repubblica. Un mondo, come si è detto, che tentava con gli strumenti a disposizione di costruire una narrazione capace di rispondere alle domande che si poneva la gente comune.

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Testo completo di riferimenti bibliografici e documento allegato in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2018, XXX, pp. 201-218.