Giovanni Tassani ricorda Gianni Baget Bozzo: quell’ultimo discorso per il 25 aprile di Berlusconi a Onna

Per iniziativa dello storico Giovanni Tassani – che con Giuseppe Parlato e Gianni Scipione Rossi ha ideato il progetto dell’Archivio delle Destre della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice – si terrà il 30 ottobre 2019 (nella sala di Piazza delle Muse 25, Roma, con inizio alle 17.00) un incontro in ricordo di Gianni Baget Bozzo nel decennale della scomparsa.

“Don Gianni” – come veniva chiamato – è stata una delle figure più interessanti della cultura cattolica della seconda metà del Novecento italiano, capace di coniugare in diverse stagioni un saldo rapporto con la fede a un vivissimo interesse per la politica. Amico di Baget Bozzo, Giovanni Tassani ne ha ricordato la figura in un’ampia intervista pubblicata nel numero di ottobre 2019 dal mensile culturale “Una Città”, storica rivista che si pubblica a Forlì.

L’intervista a Giovanni Tassani
per il mensile “Una Città”

<L’immagine di Gianni Baget Bozzo – sottolinea Tassani – è in effetti rimasta schiacciata su alcuni aspetti dell’ultima fase della sua vita: cosa molto riduttiva della sua intelligenza e del suo impegno. Egli è stato – per citare anche un recente Massimo Cacciari – una delle personalità più complesse della cultura italiana del secondo Novecento, un intellettuale molto significativo, che ha saputo dialogare in ogni direzione. Quindi pare giusto salvarlo da questa riduzione ridicola di consigliere del principe, o di frequentatore pittoresco di dibattiti in tv, da Maurizio Costanzo a Ferrara e Lerner>.

Giovanni Tassani nell’intervista affronta il lungo e articolato percorso politico di Baget Bozzo, in origine vicino alle posizioni di Dossetti nella Dc. Poi, le sue posizioni sono mutate.

<Diversi anni dopo, a metà dei Settanta, – ricorda Tassani – scrissi il mio primo libro: La cultura politica della destra cattolica, in cui parlo della fase in cui Baget Bozzo assume posizioni definibili “di destra”: con Gedda, poi favorevole all’esperimento Tambroni e contrario all’apertura a sinistra, il che, per l’opinione corrente, specie sui giornali di partito, era quanto di peggio si potesse immaginare. Così era stato emarginato, era tornato a Genova, a dirigere per il cardinal Siri una nuova rivista: “Renovatio”, ghettizzato non solo dalla cultura laica ma anche da buona parte di quella cattolica. Nel mio libro – chiarisce Tassani – tentavo di spiegare il significato di un pensiero che si discostava da quello ordinario degli ambienti cattolici attorno alla Dc. Un giornalista amico, Giancarlo Zizola, gli segnalò col libro il mio indirizzo e lui mi scrisse invitandomi ad andare a trovarlo a Genova. Io ero un cattolico “postconciliare”, già nel movimento giovanile Dc nei primi anni del centrosinistra, tendente a sinistra dopo aver fatto il ‘68 a Trento-Sociologia: proprio questa mia formazione spingeva la mia curiosità verso una posizione eccentrica e mobile come quella di Baget Bozzo>.

Giovanni Tassani si sofferma su tutti i passaggi successivi di don Gianni, dai sui rapporti con Moro a al suo ruolo di parlamentare europeo per il PSI di Craxi. Fino a toccare il rapporto con Silvio Berlusconi<Si avvicinò a Berlusconi – spiega – perché non era convinto che fosse cosa buona consegnare l’Italia a un Pds in parte acerbo e in parte egemonico. Il disegno berlusconiano costituiva invece una scommessa di libertà, valore per lui centrale. Quando cominciò a invecchiare venne tenuto a distanza anche da Berlusconi>.

<Sulla fase berlusconiana – ricorda Tassani – nutrivo dubbi, però eravamo fraterni amici. Poi con lui riuscivi comunque a vedere l’altra faccia della luna. Anche gli aspetti positivi di quelli che tu consideravi un po’ i tuoi avversari. Scrisse nel ’98 un manifesto culturale per la formazione politica in opuscolo: La cultura politica di Forza Italia. Il liberalismo popolare. Era un po’un libro dei sogni, al punto che, salvo qualche punto polemico, mi sentii di poterne condividere la sostanza>.

Tassani ricorda anche gli ultimi momenti di Baget Bozzo, morto a Genova l’8 maggio del 2009. Il 6 aprile un terremoto devastò l’Aquilano: <Il 21 aprile, gli telefonò Berlusconi perché gli preparasse il discorso per il 25 aprile. Rispetto a ciò che aveva scritto Baget il testo fu a Roma un po’ “democristianizzato”, però andava bene e volava alto: il più bel discorso che Berlusconi abbia mai fatto, con al collo il fazzoletto della Brigata Maiella. E io ne sono testimone, perché, ospite suo a Genova, mi chiamò e disse: “Giovanni, mi ha telefonato Berlusconi, vuole che gli prepari il discorso, ragioniamone insieme”. E un pomeriggio siamo stati lì a conversare e ragionare. Poi lui ha fatto di suo: io gli feci solo da reagente, per facilitare l’elaborazione spontanea delle idee. Era lucidissimo. Quella mattina stessa aveva saputo scrivere quattro articoli, per altrettante diverse testate, quasi certamente su argomenti diversi. Pensai allora che si fosse davvero ripreso. E invece pochi giorni dopo ricevetti la telefonata in cui mi si comunicava che era morto nel sonno>.

L’intervista integrale in “Una Città”, ottobre 2019, pp. 30-35.

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