Da San Sepolcro a Fiume

di Giuseppe Parlato

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Ma fu senza dubbio l’impresa di Fiume a suscitare in Mussolini una forte prospettiva politica. Nel giugno 1919, da poco costituiti i Fasci, si era messo a disposizione di Gabriele d’Annunzio: in quel momento il futuro duce non era così famoso e aveva tutto da guadagnare da un saldo legame con il Vate. Detto ciò, tuttavia, Mussolini non faceva parte del gruppo più vicino al Comandante e di conseguenza non ebbe parte nel concepimento e nella preparazione dell’impresa fiumana.
«Il Popolo d’Italia» salutò con entusiasmo e ardore patriottico l’arrivo di d’Annunzio a Fiume. Tuttavia, l’impresa di Fiume aveva una forte connotazione nazionalista, visto che l’Associazione Nazionalista Italiana era riuscita a inserire un uomo come Giovanni Giuriati quale capogabinetto del Comandante. La stragrande maggioranza degli ex combattenti vide positivamente la spedizione su Fiume. Mussolini era d’accordo con il Vate e promise la forza dei suoi militanti, che in verità non erano molti. Sia Mussolini, sia D’Annunzio auspicavano che la “rivoluzione nazionale” si estendesse da Fiume a tutta Italia, ma così non avvenne.
Di qui incominciarono a incrinarsi i rapporti fra i due: ne è testimonianza una famosa lettera di D’Annunzio nella quale lo sdegnato Comandante insulto’ il futuro duce e tutto il popolo italiano per non essere insorto; divenne ancora più furibondo quando lesse la sua lettera pubblicata sul quotidiano di Mussolini, emendata da tutti gli insulti.

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Si anticipa un brano del saggio Da San Sepolcro a Fiume, in pubblicazione negli “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. I, n. 2, 2019, nuova serie (XXXI), pp. 89-115. Il saggio è compreso negli atti del convegno La svolta del 1919, svoltosi il 13 giugno 2019 nella sede della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice. La sezione (pp. 87-163) comprende anche saggi di Simonetta Bartolini, Silvio Berardi, Giovanni Dessì, Andrea Ungari.