“La libertà fuori dalla Russia” presentato il volume di Renata Gravina

Giovedì 27 aprile 2023 è stato presentato a Roma, nella sede della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice – ETS (Piazza delle Muse, 25), il volume La libertà fuori dalla Russia di Renata Gravina (Edizioni Nuova Cultura, Roma 2022), con prefazione di Roberto Valle. Ne hanno discusso con l’autrice: Giovanna Cigliano, professore ordinario di Storia contemporanea all’Università Federico II di Napoli, Giacomo Marramao, professore emerito di Filosofia teoretica e Filosofia politica nella Università degli Studi Roma Tre, e Roberto Valle, professore ordinario di Storia dell’Europa orientale alla Sapienza Università di Roma.

L’incontro è stato trasmesso in streaming sui canali web e social della Fondazione.

Il libro

Il fenomeno «libertario» in Russia si è storicamente caratterizzato come una manifestazione composita di tendenze progressiste e conservatrici (liberal’nyj pljuralizm). La coesistenza competitiva delle anime liberali accompagnò tutta l’esperienza libertaria russa, sia durante la «vita» delle Dume di Stato (1906-1917) che in occasione della guerra civile (1918-1921), scoppiata all’indomani dell’ascesa bolscevica tra l’Armata rossa (Raboče-krest’janskaja Krasnaja armija) e l’Armata bianca dei Volontari (Dobrovol’českaja armija), quest’ultima, appoggiata dai liberali russi secondo l’ideologia mobilitante dell’antibolscevismo. L’altro elemento consustanziale al fenomeno liberale russo è rappresentato dal fatto che la «marcia verso la libertà» (1905-1921), come processo di emancipazione nazionale, fu legato all’Europa e, in particolare, a Parigi. Il rapporto peculiare tra il partito costituzional-democratico e la Francia, da un lato accelerò il processo istituzionale di emancipazione russo, nell’ambito delle Dume di stato (1906-1917), dall’altro rappresentò l’approdo della Belaja Rossija. Dopo il 1917, l’emigrazione liberale russa (Zarubežnaja Rossija), in preda ad un processo di revisione delle contraddizioni del liberalismo, fu protagonista di una scissione e di una rinascita che seguì percorsi anche ‘alternativi’ alla politica, uniti dall’«urgenza dell’umano». In definitiva, per alcuni liberali russi presenti a Parigi nel 1921, la Russia fuori dai confini (Zarubežnaja Rossija) rappresentò al contempo la fine della politica e l’inizio della «coscienza giuridica internazionale».

L’autrice

Renata Gravina è dottore di ricerca in Storia dell’Europa. Collabora con la cattedra di storia dell’Europa orientale presso Scienze Politiche (Sapienza), con la Fondazione Einaudi di Roma e lo European Liberal Forum. Tra i suoi interessi di ricerca vi sono l’analisi del fenomeno liberal-libertario russo, l’emigrazione politica e filosofica russa a Parigi (in particolare l’emigrazione degli anni Venti del Novecento) e il contributo interdisciplinare della diplomazia russa al primo conflitto mondiale. Tra le sue pubblicazioni: Teoria sovietica ed evoluzione costituzionale: dall’URSS alla federazione russa, «Giornale di Storia Costituzionale»; Nijinsky and the Parable of Life as a Work of Art, Celebrity Studies Journal Conference; French Historiography and the Legacy of the Revolutions of 1917, «Revolutionary Russia»; L’internazionalismo liberale russo in esilio. I giuristi russi emigrati a Parigi dopo il 1917 e la nuova coscienza giuridica cosmopolita, «Nuova Rivista Storica».

Rinviata la presentazione del volume “Miti e ideologie” di Giuseppe Bedeschi

Causa indisposizione del Prof. Bedeschi, la presentazione del volume Miti e ideologie. Il pensiero politico italiano dall’età giolittiana al fascismo, prevista per martedì 28 marzo alle ore 18.00, è rinviata a data da destinarsi.

Appena disponibile, la nuova data verrà comunicata tempestivamente tramite i canali della Fondazione.

Presentato in Fondazione il volume sugli italiani nei gulag

Lunedì 6 marzo 2023 è stato presentato a Roma, nella sede della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (Piazza delle Muse, 25), il volume Il libro nero degli italiani nei gulag curato da Francesco Bigazzi (LEG, Gorizia 2022). La presentazione è stata organizzata dalla Fondazione Bettino Craxi ETS e dalla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice. Con il curatore ne hanno discusso Giovanni Orsina, Presidente del Comitato storico-scientifico della Fondazione Bettino Craxi ETS, professore ordinario di Storia contemporanea e Dean della School of Government della Luiss di Roma, Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione e già professore ordinario di Storia contemporanea nella Università degli Studi Internazionali – UNINT di Roma e Ugo Intini, giornalista e saggista. Ha coordinato l’incontro Stefano Mensurati, giornalista e conduttore di RadioUno Rai.
L’incontro verrà trasmesso in streaming sui canali web e social degli Istituti. L’accreditamento è aperto al seguente linkhttps://www.eventbrite.com/e/biglietti-presentazione-del-volume-il-libro-nero-degli-italiani-nei-gulag-529188054717?aff=ebdssbdestsearch&keep_tld=1, oppure tramite i contatti delle Fondazioni: segreteria@fondazionecraxi.org (tel. 068550811), segreteria@fondazionespirito.it (tel. 064743779).

Il libro

Restituire i nomi delle vittime italiane dello stalinismo; raccontare la storia e le persecuzioni di comunisti, antifascisti ed emigrati italiani che, attratti dal mito del Primo Stato dei Soviet, sono scomparsi nell’Arcipelago Gulag; ricostruire il destino degli italiani di Crimea, delle genti provenienti dal Bel Paese che, da secoli naturalizzate in Russia, all’improvviso hanno scoperto di essere il nemico pubblico numero uno dell’URSS: questi gli obiettivi che si prefigge il lavoro di Francesco Bigazzi, curatore di questo importante volume sulla storia degli italiani deportati nei gulag sovietici. Un’opera unica nel suo genere, che raccoglie un ricchissimo elenco nominativo dei prigionieri italiani. Ridare loro un nome, ricomporre le loro storie, rischiava però di divenire una ricerca fine a se stessa. Ecco che, per tentare di colmare i vuoti rimasti, alla voce di Bigazzi si aggiungono i contributi di altri autorevoli studiosi della materia. Dario Fertilio segue gli “Italiani nel sistema concentrazionario sovietico”, Ugo Intini svela “L’imbarazzo del Pci e le reticenze mai superate”; per la prima volta Aldo G. Ricci denuncia “Come Mussolini sorvegliava l’emigrazione politica” ed Elena Parkhomenko stupisce con la scoperta di “Le spie del Pci nel Psi e nella concentrazione antifascista a Parigi”. L’intervento di Stefano Mensurati è indispensabile per svelare aspetti inediti nel dramma degli “Italiani di Crimea”, mentre Giovanni Di Girolamo spiega l’ecatombe de “I soldati dell’ARMIR nei campi di prigionia sovietici”; un argomento sul quale fino ad oggi le reticenze restano più forti è quello affrontato da Fiorenzo Reati in “La persecuzione del clero cattolico in URSS”. Infine, il monito di Anatoli Razumov che dà un nome, una ad una, alle vittime delle repressioni comuniste ne “Il cimitero Memorial ‘Levashovo’ di San Pietroburgo: proibito dimenticare”.

Il curatore

Francesco Bigazzi, giornalista e scrittore, è uno dei massimi esperti italiani dell’Europa dell’Est. È stato capo ufficio ANSA in Polonia e in Russia, corrispondente del quotidiano “Il Giorno” e del settimanale “Panorama” per la Russia e l’Europa dell’Est. Ha dedicato numerose pubblicazioni al tema del dissenso nell’Est, tra le quali ricordiamo le più recenti: Il viaggio di Falcone a Mosca, con Valentin Stepankov (Mondadori 2015); Il primo Gulag. Le isole Solowki (Pagliai Editore 2017); Guerra in Cecenia: diario del rapimento di Mauro Galligani (Pagliai Editore 2019); Il Dottor Zhivago: Il giallo letterario del Novecento (Pagliai Editore 2020); Berlinguer e il diavolo (Paesi Edizioni 2021) con Dario Fertilio.

Con Radio Radicale la mediateca digitale della Fondazione. Il progetto

Martedì 21 giugno, alle ore 18.00, nella Sala stampa della Camera dei Deputati a Roma (Via della Missione, 4), è stato presentato il progetto svolto in collaborazione con Radio Radicale che ha portato alla realizzazione della mediateca digitale della Fondazione. Ne hanno parlato Alessio Falconio, direttore di Radio Radicale, Guido Mesiti, responsabile dell’archivio di Radio Radicale, il presidente della Fondazione Giuseppe Parlato e il vicepresidente vicario Gianni Scipione Rossi.

La Fondazione ha portato avanti la raccolta di testimonianze audio delle proprie iniziative a partire dall’inizio della sua quarantennale storia, negli anni Ottanta, giungendo a collezionare oltre duecento audiocassette contenenti registrazioni varie – convegni, seminari e interviste inedite –, che andranno a costituire ulteriori fonti per la ricostruzione storica del Novecento italiano. Il materiale completo sarà fruibile, senza vincoli di accesso, sui siti di entrambi i promotori, indicizzato e corredato di documenti utili alla contestualizzazione dei contenuti.

A Trieste il 10 giugno è stato presentato il Diario di Attilio Tamaro

Venerdì 10 giugno a Trieste, alle 17.30, nella sala conferenze della Lega Nazionale (via Donata, 2) è stato presentato Attilio Tamaro: il diario di un italiano. Ne hanno parlato con Gianni Scipione Rossi il presidente della Lega Nazionale, Paolo Sardos Albertini, e lo storico Diego Redivo. Triestino di origine istriana, giornalista, storico, diplomatico, Attilio Tamaro (1884-1956) è stato uno dei massimi protagonisti dell’irredentismo giuliano. Autore prolifico di saggi storici e politici, ha lasciato inedito il suo diario privato, che si sviluppa dalla Trieste austroungarica del 1911 alla guerra vinta, attraversa il fascismo per superare la fine del regime e affacciarsi nella guerra civile e nella ricostruzione. Un grande e intenso affresco – privo di filtri – su quasi quarant’anni di storia italiana ed europea.

La presentazione è stata organizzata dalla Lega Nazionale in collaborazione con la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.

Il volume è stato pubblicato da Rubbettino Editore con il sostegno della Fondazione.

La presentazione è stata trasmessa anche in diretta streaming sui canali Facebook e YouTube degli enti organizzatori:

https://www.facebook.com/LN.italia

https://www.facebook.com/FondazioneSpirito/settings/podcasts

https://www.facebook.com/gianni.s.rossi

https://www.youtube.com/channel/UCroGlBH70CXPxUMnHOFD5JA

https://www.youtube.com/channel/UCXCwpb_yZEkwNPu7Gu3eAUg/videos?view=0&sort=p

 

Il libro

Triestino di origine istriana, giornalista, storico, diplomatico, Attilio Tamaro (1884-1956) è stato uno dei massimi protagonisti dell’irredentismo giuliano. Autore prolifico di saggi storici e politici, ha lasciato inedito il suo diario privato, che si sviluppa dalla Trieste austroungarica del 1911 alla guerra vinta, attraversa il fascismo per superare la fine del regime e affacciarsi nella guerra civile e nella ricostruzione. Un grande e intenso affresco – privo di filtri – su quasi quarant’anni di storia italiana ed europea. Di cultura nazional-patriottica, monarchico, volontario nella Grande Guerra, teorico del nazionalismo, aderì al fascismo nel 1922. Contrario all’antisemitismo, fu espulso dal Pnf nel 1943, non aderì alla Rsi e da neo-irredentista tornò a difendere l’italianità di Trieste e delle terre adriatiche. Nel diario le sue analisi, i retroscena politici e gli incontri con centinaia di persone, da Giolitti a Salandra, da D’Annunzio a Mussolini, da Grandi a Federzoni, da Balbo a Bottai. E ancora, intellettuali, politici e diplomatici incrociati nel suo peregrinare tra Trieste, Roma, i Balcani, Vienna, Parigi, Londra, Fiume, Amburgo, Helsinki, Mosca, Leningrado e Berna.

Il diario è introdotto da una biografia basata sullo scandaglio di documenti e carteggi, presenti in diversi fondi archivistici. Ne emerge la complessa e tormentata personalità di un uomo di grande cultura, capace di dialogare a tutto campo. Margherita Sarfatti così gli dedica il suo Dux: «Ad Attilio Tamaro, italianissimo figlio di Trieste, nel nome di Trieste, madre della mia madre, offre con amicizia». «Ho letto – scrive Tamaro a Umberto Saba – le tre poesie con eguale piacere: mirabile mi sembra La preghiera dell’angelo custode dove l’episodio è ricordato con arte purissima ed è poi elevato a una vasta significazione. Attendo vivamente l’annunciato volume di poesia». Tamaro è in relazione con tutti i protagonisti dell’irredentismo triestino, istriano e dalmatico, in particolare Camillo Ara, Mario Alberti, Giorgio Pitacco, Salvatore Segré Sartorio, Fulvio Suvich, Francesco Salata. Intensi i suoi rapporti con Eugenio Balzan, Camillo Castiglioni, Francesco Coppola, Mario Missiroli, Giuseppe Volpi di Misurata. Feroci le sue critiche a Galeazzo Ciano «satrapo orientale» – e a Mussolini che, dopo averlo ammirato, quando nasce la Rsi definisce «il farneticante di lassù». Nella biografia emerge anche la figura del figlio di Tamaro, Tullio, che nel 1942 entra nel Pci clandestino milanese e con Emilio Sereni rappresenterà il partito nel Cln regionale lombardo.

 

L’autore

Gianni Scipione Rossi, giornalista, ha diretto l’informazione parlamentare della Rai, il Centro di formazione e la Scuola di giornalismo di Perugia, dove insegna giornalismo radiofonico. È vicepresidente vicario della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice e membro del Comitato Direttivo dell’Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea. Tra i suoi libri: L’America di Margherita Sarfatti. L’ultima illusione, 2021; Attilio Tamaro: il diario di un italiano, 2021, Cronache del virus, 2020; Lo “squalo” e le leggi razziali, 2017; Storia di Alice, 2010; Cesira e Benito, 2007; Il razzista totalitario, 2007; Mussolini e il diplomatico, 2005; La destra e gli ebrei, 2003.

Presentato il libro di Mariuccia Salvati su Camillo Pellizzi

Mercoledì 20 aprile 2022, alle ore 18.00, è stato presentato, in presenza e in modalità streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube della Fondazione, il volume Camillo Pellizzi. Un intellettuale nell’Europa del Novecento di Mariuccia Salvati (il Mulino, Bologna 2021). Con l’autrice ne hanno discusso Danilo Breschi e Gisella Longo, autori del volume Camillo Pellizzi. La ricerca delle élites tra politica e sociologia (Rubbettino, Soveria Mannelli 2003).

Il libro

Camillo Pellizzi (1896-1979), dopo la Grande Guerra e l’università, aderì al fascismo, contribuendo alla sua definizione politico-teorica nella scia di Gentile. Trasferitosi per studio e lavoro in Inghilterra, fu tra i fondatori del Fascio londinese. Nel 1924 entrò come docente allo University College of London rimanendovi fino al 1939, anno in cui, rientrato in Italia, prese servizio come professore all’Università di Firenze. Nel 1941 accettò l’incarico di presidente dell’Istituto nazionale di cultura fascista che tenne fino all’inizio del ’43. Dopo il 25 luglio, non avendo aderito alla Repubblica sociale italiana, visse in clandestinità fino alla Liberazione: seguirono anni di epurazione e di isolamento fino al 1950, quando ottenne la prima cattedra (a lungo unica) di Sociologia dell’università italiana. Intellettuale di spicco del fascismo, studioso del corporativismo, Pellizzi intercettò per tempo la rilevanza della disciplina sociologica; per la sua intensa attività di studioso, traduttore, saggista, poi fondatore e direttore della «Rassegna Italiana di Sociologia», rappresenta una figura di primo piano nello sviluppo delle scienze sociali nel nostro paese. Grazie alle fonti inglesi consultate, lo studio di Mariuccia Salvati ne restituisce il profilo intellettuale entro un contesto europeo finora parzialmente inedito.

L’autrice

Mariuccia Salvati ha insegnato Storia contemporanea dal 1975 al 2012 nel Dipartimento di Storia dell’Università di Bologna. Tra i suoi libri più recenti: «Passaggi. Italiani dal fascismo alla Repubblica» (Carocci, 2017), «Alfredo Reichlin. Una Vita» (a cura di, Treccani, 2019). Con Piero Costa ha curato la collana Carocci «La Costituzione. I principi fondamentali» di cui ha scritto il saggio sull’art. 4 (2018). Da sempre legata a Lelio Basso e alla sua Fondazione, dirige la rivista «Parole chiave».

Presentato in Fondazione il volume di Gianni Scipione Rossi su Attilio Tamaro

Martedì 5 aprile 2022 è stato presentato, in presenza e in modalità streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube della Fondazione, il volume di Gianni Scipione Rossi, Attilio Tamaro: il diario di un italiano (1911-1949), Rubbettino, Soveria Mannelli 2021. Con l’autore ne hanno discusso Giovanni Belardelli, già professore ordinario di Storia delle dottrine politiche nella Università degli Studi di Perugia, e Giuseppe Parlato, professore ordinario di Storia contemporanea nella Unint di Roma e presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.

L’incontro si terrà in presenza e verrà trasmesso in streaming sui canali Facebook e YouTube della Fondazione. In ottemperanza alla normativa in vigore, si ricorda che per partecipare in sala sarà obbligatorio esibire la certificazione verde rafforzata (super green pass) e indossare il dispositivo di protezione facciale Ffp2. L’accesso sarà consentito solo su prenotazione e fino al raggiungimento della capienza massima prevista (per info e prenotazioni: segreteria@fondazionespirito.it).

Il libro
Triestino di origine istriana, giornalista, storico, diplomatico, Attilio Tamaro (1884-1956) è stato uno dei massimi protagonisti dell’irredentismo giuliano. Autore prolifico di saggi storici e politici, ha lasciato inedito il suo diario privato, che si sviluppa dalla Trieste austroungarica del 1911 alla guerra vinta, attraversa il fascismo per superare la fine del regime e affacciarsi nella guerra civile e nella ricostruzione. Un grande e intenso affresco – privo di filtri – su quasi quarant’anni di storia italiana ed europea. Di cultura nazional-patriottica, monarchico, volontario nella Grande Guerra, teorico del nazionalismo, aderì al fascismo nel 1922. Contrario all’antisemitismo, fu espulso dal Pnf nel 1943, non aderì alla Rsi e da neo-irredentista tornò a difendere l’italianità di Trieste e delle terre adriatiche. Nel diario le sue analisi, i retroscena politici e gli incontri con centinaia di persone, da Giolitti a Salandra, da D’Annunzio a Mussolini, da Grandi a Federzoni, da Balbo a Bottai. E ancora, intellettuali, politici e diplomatici incrociati nel suo peregrinare tra Trieste, Roma, i Balcani, Vienna, Parigi, Londra, Fiume, Amburgo, Helsinki, Mosca, Leningrado e Berna.
Il diario è introdotto da una biografia basata sullo scandaglio di documenti e carteggi, presenti in diversi fondi archivistici. Ne emerge la complessa e tormentata personalità di un uomo di grande cultura, capace di dialogare a tutto campo. Margherita Sarfatti così gli dedica il suo Dux: «Ad Attilio Tamaro, italianissimo figlio di Trieste, nel nome di Trieste, madre della mia madre, offre con amicizia». «Ho letto – scrive Tamaro a Umberto Saba – le tre poesie con eguale piacere: mirabile mi sembra La preghiera dell’angelo custode dove l’episodio è ricordato con arte purissima ed è poi elevato a una vasta significazione. Attendo vivamente l’annunciato volume di poesia».
Tamaro è in relazione con tutti i protagonisti dell’irredentismo triestino, istriano e dalmatico, in particolare Camillo Ara, Mario Alberti, Giorgio Pitacco, Salvatore Segré Sartorio, Fulvio Suvich, Francesco Salata. Intensi i suoi rapporti con Eugenio Balzan, Camillo Castiglioni, Francesco Coppola, Mario Missiroli, Giuseppe Volpi di Misurata. Feroci le sue critiche a Galeazzo Ciano «satrapo orientale» – e a Mussolini che, dopo averlo ammirato, quando nasce la Rsi definisce «il farneticante di lassù». Nella biografia emerge anche la figura del figlio di Tamaro, Tullio, che nel 1942 entra nel Pci clandestino milanese e con Emilio Sereni rappresenterà il partito nel Cln regionale lombardo.

L’autore

 Gianni Scipione Rossi, giornalista, ha diretto l’informazione parlamentare della Rai, il Centro di formazione e la Scuola di giornalismo di Perugia, dove insegna giornalismo radiofonico. È vicepresidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice e membro del Comitato Direttivo dell’Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea. Tra i suoi libri: L’America di Margherita Sarfatti. L’ultima illusione, 2021; Attilio Tamaro: il diario di un italiano, 2021, Cronache del virus, 2020; Lo “squalo” e le leggi razziali, 2017; Storia di Alice, 2010; Cesira e Benito, 2007; Il razzista totalitario, 2007; Mussolini e il diplomatico, 2005; La destra e gli ebrei, 2003.

Disponibile al seguente link la registrazione integrale: https://youtu.be/RBVIeoSTNXs

La biografia e il diario di Attilio Tamaro visti dalla stampa

Presentato in Fondazione il libro di Elena Aga Rossi

Giovedì 31 marzo è stato presentato, in presenza e in modalità streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube della Fondazione, il volume L’Italia tra le grandi potenze. Dalla seconda guerra mondiale alla guerra fredda di Elena Aga Rossi (il Mulino, Bologna 2019). Con l’autrice ne ha discusso Silvio Berardi, professore ordinario di Storia delle relazioni internazionali nella Università degli Studi Niccolò Cusano di Roma.

In ottemperanza alla normativa in vigore, si ricorda che per partecipare in sala sarà obbligatorio esibire la esibire la certificazione verde rafforzata (super green pass) e indossare il dispositivo di protezione facciale Ffp2. L’accesso sarà consentito solo su prenotazione e fino al raggiungimento della capienza massima prevista (per info e prenotazioni: segreteria@fondazionespirito.it).

Il libro

Elena Aga Rossi è una delle maggiori studiose della politica e dell’intervento degli Alleati in Europa e soprattutto in Italia durante la guerra, e dell’influenza dell’Unione Sovietica in Italia. I suoi studi, che hanno spesso costituito punti di svolta nella ricerca storica sulla Campagna d’Italia e in generale sulla storia politica del nostro paese fra guerra e dopoguerra, trovano in questo volume una sistemazione fortemente unitaria che segue tre assi fondamentali: i piani per il futuro assetto dell’Europa elaborati dagli alleati durante la guerra; la politica angloamericana verso l’Italia durante la guerra e il primo dopoguerra; per gli stessi anni, i rapporti del Partito comunista italiano con l’Unione Sovietica e l’influenza sovietica nel nostro Paese. Nel complesso, un contributo di prima grandezza sugli aspetti cruciali che determinarono il futuro dell’Italia postfascista e la sua collocazione internazionale.

L’autrice

Elena Aga Rossi ha insegnato in diverse università e alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Tra le sue pubblicazioni: Gli Stati Uniti e le origini della guerra fredda (a cura di, il Mulino 1984), Una nazione allo sbando (il Mulino 1993, III ed. 2006), Togliatti e Stalin (con Victor Zaslavsky, il Mulino 1997, II ed. 2007), Una guerra a parte. I militari italiani nei Balcani 1940-1945 (con Maria Teresa Giusti, il Mulino 2011), Cefalonia. La resistenza, l’eccidio, il mito (il Mulino 2017).

Disponibile al seguente link la registrazione integrale: https://youtu.be/vyINXdmB9Iw

Presentato in Fondazione il libro di Guido Pescosolido su Rosario Romeo

Martedì 8 marzo è stato presentato, in presenza e in modalità streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube della Fondazione, il volume Rosario Romeo. Uno storico liberaldemocratico nell’Italia Repubblicana di Guido Pescosolido (Laterza, Roma-Bari 2021). Con l’autore ne ha discusso Giuseppe Parlato, professore ordinario di Storia contemporanea nella UNINT di Roma e presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.

Il libro

A oltre trent’anni dalla scomparsa di Rosario Romeo, questo libro intende riportare l’attenzione sull’attività storiografica e sull’impegno politico di uno dei maggiori esponenti della liberaldemocrazia italiana del secondo dopoguerra. Sul versante storiografico si intende verificare la tenuta scientifica delle sue opere più note e rilevanti ma anche porre in luce l’importanza che hanno assunto, nella recente critica storica, i suoi lavori medievistici e modernistici. Sul versante politico si richiama l’attenzione sul carattere progressista del suo liberalismo democratico ed europeista e sul concreto impegno come giornalista e parlamentare europeo in difesa della democrazia occidentale, del Mezzogiorno e nel contrasto al decadimento post-sessantottesco della vita universitaria italiana. Il libro si basa su un’attenta lettura della bibliografia esistente, nonché su numerosi documenti inediti in parte conservati dalla famiglia Romeo, in parte reperiti presso l’Archivio Centrale dello Stato, gli Archivi Storici delle Università di Catania e Roma La Sapienza e dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano.

L’autore

Guido Pescosolido ha insegnato Storia moderna nelle Università di Messina, della Tuscia, di Napoli Federico II, Roma Tre, Luiss e Sapienza di Roma. Tra le sue pubblicazioni sulla storia economica, sociale e politica dell’Italia dal secolo XVII ai nostri giorni, ricordiamo Terra e nobiltà. I Borghese. Secoli XVIII e XIX (Jouvence 1979), Agricoltura e industria nell’Italia unita (Laterza 1996), Nazione, sviluppo economico e questione meridionale in Italia (Rubbettino 2017) e La questione meridionale in breve. Centocinquant’anni di storia (Donzelli 2017).

Disponibile su YouTube la registrazione integrale dell’incontro.

Presentata in Fondazione la biografia politica dell’europeista Giulio Bergmann

Con l’introduzione del presidente Giuseppe Parlato, il 14 dicembre è stato presentato in Fondazione – in presenza e in streaming – il volume di Matteo Antonio Napolitano Verso l’Europa unita. Il percorso politico-istituzionale di Giulio Bergmann (Aracne editrice). Ne hanno parlato con l’autore il prof. Guido Levi dell’Università di Genova e l’avvocato Paolo Andrea Bergmann, nipote di Giulio. È intervenuto anche Ferruccio Parri, nipote omonimo dell’antifascista azionista e repubblicanoche fu presidente del Consiglio e ministro nell’immediato dopoguerra, amico di Giulio BergmannPaolo Andrea Bergmann, nel ringraziare per l’iniziativa, ha voluto donare all’archivio della Fondazione un inedito del nonno. Si tratta del discorso preparato da Giulio Bergmann per essere pronunciato a Milano il 5 marzo del 1956, nella sede dell’ISPI, in occasione dell’ingresso dell’Italia nell’ONU. Il testo sarà pubblicato negli Annali della Fondazione. Il nipote ha ritrovato il testo che in quell’occasione Bergmann non ebbe il tempo di leggere.

Il volume – è stato sottolineato – giunge opportunamente a colmare una lacuna negli studi dell’europeismo italiano e svela una personalità culturale e politica importante quanto dimenticata. Come ha sottolineato Silvio Berardi nella Prefazione al volume, per Bergmann «si può parlare di un profilo noto agli storici dell’integrazione europea, ma sino ad ora ingiustamente assente su di un piano organico, lasciato dunque ai margini della storiografia di settore, nonostante il suo lungo e originario cammino di avvicinamento alla causa repubblicana ed europeista abbia fornito, nel corso del tempo, traiettorie innovative e di particolare interesse».

Giulio Bergmann nacque a Milano il 21 novembre 1881, da Giuseppe – avvocato e giurista – e Fanny Norsa. Il capoluogo lombardo sarà il centro delle sue attività professionali, dopo la laurea conseguita in Giurisprudenza, e delle poliedriche esperienze politiche. Dal 1898, a soli 16 anni, iniziò a prendere parte alle Associazioni monarchiche tra studenti, una prima esperienza di formazione politica che lo portò al più strutturato percorso vissuto con i Giovani liberali di Giovanni Borelli. Con l’approssimarsi della Grande Guerra, Bergmann si trovò coinvolto nel movimento nazionalista come attivo partecipante del gruppo milanese, sostenendo una prospettiva interventista. Si distinse al fronte e subito dopo la guerra portò avanti la causa degli ex combattenti, che lo avvicinò – pur senza formale adesione – al primo fascismo. L’anno di svolta fu il 1938, lo stesso delle leggi razziali e dei venti di guerra. Le origini ebraiche furono causa di discriminazione, personale e per la famiglia, e portarono presto Bergmann verso l’esilio in Svizzera, paese a cui era già legato principalmente per motivi professionali. In terra elvetica strinse alcuni legami decisivi per le future scelte: pensiamo a Ernesto Rossi e al mondo dei federalisti europei, ma anche al consolidamento del lungo rapporto di amicizia con Ferruccio Parri. Deluso dalle posizioni monarchiche e convinto delle responsabilità del Re in merito alle leggi razziali e al disfacimento della nazione in guerra nel 1943, passò vertiginosamente al repubblicanesimo, con spiccati accenti europeisti. Dopo la partecipazione ai lavori della Consulta nazionale, fu senatore per il Partito repubblicano italiano nella prima legislatura e membro supplente dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa, due importanti incarichi attraverso i quali ebbe la possibilità di impegnarsi attivamente sia per il rilancio italiano, sia per l’unità europea, intesa in senso economico e politico. La sua attività si interruppe però improvvisamente nel marzo del 1956, poco dopo il fallimento del progetto CED e immediatamente prima dei Trattati di Roma.